giovedì 16 settembre 2010

Il senso del sacrificio per chi vuole essere di più: potenziale sì, ma anche tecnica…

Quante volte sentiamo parlare di “sacrificio” e quante volte forse abbiamo avuto
un brivido o un senso di sconforto a sentirla pronunciare. Beh, forse potremmo
inquadrare questa parola in un’ottica diversa, che non rimandi cioè ad un generico
senso di “privazione”, di “sofferenza” o di “fardello” da affrontare… quando
Antonio Meneghetti parla di sacrificio in rapporto all’esigenza dell’operatore storico
di “essere di più”, quello che si intravede è in realtà una disponibilità totale che
la persona mette a servizio di una propria predisposizione di natura. Meneghetti
sostiene che “per dare risposta all’esigenza di essere di più, l’operatore storico
si adatta più degli altri all’apprendimento specifico, ad una apparente continua
umiliazione che lo necessita all’ultimo sapere. Egli sa che, per essere primo, deve
conoscere più degli altri, in quanto certi mezzi non sono gratuiti: però l’esigenza
che lo spinge è talmente forte che egli è disposto al sacrificio”. Tale disponibilità,
cioè, nasce da dentro, dal bisogno di acquisire la migliore strumentazione tecnica
che permette di esprimere a pieno quella specifica attitudine a fare. Prendiamo
ad esempio Beethoven: possiamo pensare che sia stato “esentato” dai lunghi e
tediosi esercizi di metrica perché un “genio”? No, anzi…se il genio è davvero tale,
deve possedere meglio degli altri la tecnica per dare voce e applicazione storica
alla totalità del suo potenziale. Sarà da questa padronanza di base che potrà poi
permettersi di innovare o uscire da certi schemi; insomma, il fantasista conosce le
regole del gioco come e, anzi, più degli altri giocatori!